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HAI IL CORAGGIO DI FARTI DA PARTE E LASCIAR VIVERE LO SPORT A TUO FIGLIO?

L’argomento che tratta il rapporto allenatore-genitori-figli mi ha sempre incuriosito avendo vissuto in prima persona esperienze di questo genere.

Le Famiglie Sono Coinvolte e Vivono lo Sport con i Piccoli Atleti.

Purtroppo Molte Volte i Genitori investono sui Propri Figli Desideri e Speranze Troppo Grandi per loro.

Alcuni genitori vedono il fatto di NON riuscire nello sport come una diminuzione dell’immagine del figlio verso gli altri e verso se stessi.

Questo generalmente è il pensiero di un genitore quando vede il proprio figlio in difficoltà, e non accettata una situazione chiara e reale.

I piccoli sportivi inconsciamente accusano il colpo, quasi come uno shock emotivo, tanto da diminuire il piacere di fare sport o un’attività in particolare.

La cosa sbagliata poi è pretendere sempre la vittoria senza concedere la possibilità di sbagliare.

I genitori si sostituiscono spesso agli istruttori o allenatori mettendo ansie e preoccupazioni ai figli, i quali non sono più in grado di riconoscere le figure che li circondano.

DA QUI NASCE UN PROBLEMA SERIO!

Il giovane atleta fa sport senza senso dell’orientamento, come un marinaio senza bussola, in mare aperto tra le onde.

Naviga senza sapere dove si trova la terra ferma, quali sono i punti cardinali e in che direzione sta navigano con la sua imbarcazione.

 Il genitore diventa spesso protagonista di situazioni spiacevoli, che creano problemi e ostacoli ad una serena attività sportiva del proprio figlio.

Molto spesso si scopre, vedendo partite di calcio, pallavolo, ecc. di bambini di un’età compresa tra i 7 e i 17 anni, che il genitore diventa protagonista creando tensioni e facendo disperare il proprio figlio nel caso commetta un errore.

Questo avviene perché il giovane NON vuole deludere le aspettative di colui che lo accompagna e lo carica di responsabilità.

Il genitore, inconsciamente, tende a realizzarsi attraverso il bambino e tende a proiettare su di lui i desideri che egli stesso non è riuscito a soddisfare da giovane.

Con la convinzione che “ lo si fa per il suo bene” si può correre il rischio di diventare deterrenti psicologici, non solo condizionando negativamente il rendimento in gara ma danneggiando lo sviluppo psicologico del ragazzo.

Molto spesso si vorrebbe che il proprio figlio non dovesse mai soffrire, ne commettere errori, ma ricevere dalla vita solo gioia e felicità, questo purtroppo non è possibile e il genitore genera al giovane molta più ansia e stress emotivo.

Ho visto giovani atlete essere felici di far parte di quel gruppo anche se erano riserve ed esultare quando si faceva un punto.

Purtroppo dall’altro lato c’era chi…

Si rabbuiava e a volte si Metteva in Disparte a Piangere.

La panchina o un errore non deve essere vissuto come una sconfitta ma come un incoraggiamento a far meglio, a dare qualcosa in più per mettere in difficoltà l’allenatore in vista della prossima partita o del prossimo impegno in allenamento.

L’atteggiamento da tenere, deve essere positivo, soprattutto nei momenti in cui si vede il proprio figlio in difficoltà:

  • sdrammatizzare
  • incoraggiare
  • rialzarsi insieme dopo una sconfitta

Penso che l’attività sportiva sia uno dei mezzi per aiutare i propri figli a maturare sapendo che solo attraverso il sacrificio e le regole possano crescere.

Il ragazzo che sceglie di impegnarsi in uno sport merita rispetto e un genitore gliene deve portare tantissimo, tanto quanto ne merita l’allenatore-educatore.

Il genitore non deve mai dimenticare il ruolo di ognuno, estraniandosi dalle decisioni e dagli atteggiamenti di entrambi, mantenendo una visione imparziale e più lucida nel momento in cui gli viene chiesto un consiglio o un giudizio.

Il ragazzino, lasciato libero di potersi controllare di fronte ad un errore spesso se ne dispiace e scuote le spalle cancellando in poco tempo l’errore o la sconfitta.

Il compito del genitore diviene quello di non intromettersi e di non voler vivere la vita al posto del figlio, capendo che ogni errore commesso ed ogni dolore provato aiuta il giovane a crescere e a formare una propria personalità.

Altro punto necessario per l’educazione del proprio figlio è il rispetto di tutti gli altri bambini e/o compagni, non pensando mai che se uno è più forte del proprio sia solo perché “ è un raccomandato”.

Ognuno dei ragazzi ha i propri limiti e le proprie possibilità fisiche e mentali e i genitori e l’allenatore dovrebbero, a volte, ricordarsi soprattutto di questo.

RICORDA SEMPRE CHE TUO FIGLIO DEVE VIVERE ESPERIENZE PER FARE DELLE SCELTE “NON CONDIZIONATE”.

SOLO COSI’ DIVENTERA’ FORTE E SICURO NELLO SPORT E NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI

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Fuoco, Forza, Fede

Daniele Rolleri

Primo Esperto in Italia nello sviluppo della leadership del giovane portiere