Caro genitore,
ho letto con profonda preoccupazione un articolo del Corriere della Sera che racconta di un adolescente finito in pronto soccorso in crisi d’astinenza: non per droghe, né per alcol… ma per lo smartphone;
I genitori,
“esasperati dall’uso continuo che faceva del cellulare”,
avevano preso la decisione di prenderglielo e vietarlo;
Il risultato?
Una reazione identica a quella di un tossicodipendente in carenza.
Il professor Gianluca Rosso, specialista in psichiatria all’Università di Torino, è stato chiaro: “L’utilizzo dello smartphone crea un legame con l’oggetto molto simile a quello ottenuto da altre sostanze d’abuso come alcol, sigarette e stupefacenti.”
e infatti…
La situazione era talmente grave che il giovane è stato trattato con terapie ansiolitiche importanti, intramuscolari ed endovenose.
Lascia allora che questa immagine ti entri bene in mente:
un ragazzo con le flebo per la dipendenza da telefono.
Ma c’è un aspetto ancora più inquietante in questa storia.
Il sistema sanitario nazionale può solo “agire sugli effetti e non sulle cause”, come spiega il professor Rosso. Le normative sono “obsolete, redatte negli anni Settanta e che oggi non corrispondono assolutamente al quadro psicologico e sociale dei pazienti.”
In altre parole:
il problema è così nuovo che nemmeno la medicina sa come affrontarlo;
Mentre leggo questa notizia, non posso fare a meno di pensare a un’altra storia che ha scosso il mondo del calcio:
Lys Gomis, ex portiere di Torino e Lecce, ha raccontato pubblicamente la sua battaglia contro alcol e cocaina: “Mi sono fatto male, sono stato fermo a lungo e ho iniziato a bere, finché è diventata una dipendenza… mi svegliavo la mattina e dovevo bere.”
Due storie diverse, due dipendenze diverse…
Ma lo stesso meccanismo:
la stimolazione continua del sistema dopaminergico.
La differenza?
Gomis ha dovuto toccare il fondo per rendersi conto del problema. L’adolescente di Torino ci è arrivato a 16 anni.
Ora,
lascia che ti faccia una domanda scomoda:
quante ore al giorno tuo figlio passa con lo smartphone in mano?
E soprattutto:
sai riconoscere i segnali di una dipendenza in corso?
Irritabilità quando deve staccare il telefono.
Ansia se non riceve notifiche.
Difficoltà a concentrarsi su altre attività.
Isolamento sociale progressivo.
Ti suonano familiari?
Il professor Rosso parla di “dipartimento integrato delle dipendenze” che comprenda “psichiatria, neuropsichiatria e psicologia.” Un approccio multidisciplinare per affrontare un problema complesso.
È esattamente quello che serve anche nel mondo dello sport.
Non possiamo più permetterci di formare giovani atleti ignorando la loro salute mentale e non possiamo neanche più fingere che la tecnologia non stia influenzando le loro prestazioni e il loro benessere.
Nei nostri eventi formativi, la prima cosa che facciamo è raccogliere i telefoni.
Non per punizione, ma per liberazione.
Inizialmente i ragazzi vivono ansia e stress.
E pensa…
non sanno come relazionarsi senza lo schermo.
Ma nel giro di 24-48 ore succede qualcosa di magico: ricominciano a guardarsi negli occhi, a parlare davvero, a scoprire chi sono senza filtri digitali.
È lo stesso processo di disintossicazione che ha vissuto Gomis, ma in un ambiente protetto e guidato.
Se stai leggendo questo articolo e riconosci tuo figlio in queste descrizioni, è il momento di agire.
Non aspettare che arrivi al pronto soccorso.
Non aspettare che tocchi il fondo.
Cerca un percorso di allenamento mentale serio e strutturato, informandoti sui programmi che includono anche la gestione e l’organizzazione della giornata del giovane portiere; trova professionisti che capiscano l’importanza di lavorare “in modo complementare, piuttosto che a silos”, lavorando in modo integrato sulla parte fisica e su quella mentale, come dice il direttore dell’ASL di Torino.
L’allenamento mentale oggi non è più un lusso.
È una necessità urgente per proteggere i nostri giovani da dipendenze che il sistema sanitario fatica ancora a riconoscere e trattare.
Fuoco, Forza, Fede.
Daniele Rolleri
Il primo esperto in Italia nell’Allenamento Mentale per il Giovane Portiere